lunedì 24 febbraio 2020

Sull'interpretazione dell'arte o viceversa



“Leggo una poesia e sento d’averla capita. La rileggo e capisco che non è così. Di solito alla terza lettura, capisco di non aver capito. E valuto la possibilità di essere scemo.”

Forse per consolazione, forse per difesa, la mente mi guida a suggerimenti nietzschiani. “Non ci sono fatti, solo interpretazioni”.
Nell'Ermeneutica contemporanea le riflessioni a proposito sono profonde, affascinanti quanto varie, e trovano spunti ideali nell'esegesi teologica, nella psicologia e, non di meno, nella fisica quantistica e concretamente, ancor più in là, nella giurisprudenza.

E che questo sia un terreno fertile su cui far crescere l’Arte Attuale, visiva e non, appare evidente anche ai profani.

Il dibattito critico “autorevole” a riguardo, sostenuto da eminenti personalità della cultura artistica, giunge a livelli di luminosa genialità interpretativa, ma, purtroppo, toccando spesso ambiti economico-politici sospetti, aggiunge alla già aleatoria veridicità degli interventi, il dubbio della loro insincerità.

Seppur tu possa spiegare con acume un’opera, se poi la vendi, ai miei occhi puoi apparire un procacciatore d’affari. Se celebri un artista affermato per partito politico, peggio ancora: servitore di due padroni.

Come che sia, volando rasoterra perché qui interessa, trovo curiose le discordi interpretazioni della stessa opera d’arte al variare dei commentatori e al variare del tempo. La mia attenzione, soprattutto di natura psicologica e sociale, trova occasione utile nelle arti visive e nella poesia lirica d’oggi.
Avendo l’opportunità di seguire vari commenti a proposito, in libere manifestazioni, incontri alla pari, convegni e siti web dedicati, resto ulteriormente sorpreso di come la frettolosità di pensiero, l’urgenza del dire, cifra del nostro tempo, influenzi la capacità interpretativa. E come questa, al presente, rischi semplicemente di far parlare d’altro. I fatti sembrano diventati le reiterate narrazioni su fatti presi a pretesto (le opere d’arte) e le interpretazioni (come questa mia) i nuovi fatti per successive narrazioni. Il ciclo che chiude, innesca un moto perpetuo. Del chiacchiericcio pettegolo. Più che dall'ignoranza dell’ermeneuta, il limite sembra correlato alla poca consapevolezza dell’impazienza espressiva, soprattutto se accompagnata da esigenze di protagonismo narcisistico. Nel mondo dei social, chi ascolta se tutti parlano? A tali condizioni, pur nella massima liceità, la Critica d’Arte attuale appare una cacofonia corale in un paese di sordi.

Qualcuno suggerisce allora che l’Arte vada solo avvicinata. Non capita, sentita. Di pancia. Con buona “Ragione”?

2 commenti:

  1. io credo che per interpretare una poesia sia questione del momento che si vive. Potrei dire, di me, che la possibilità di essere diventato scemo è tangibile. Eppure non è così. Se leggo una poesia in un determinato momento, quando non sto bene o quando sono in uno stato di apprensione per altre cose, allora mi riesce difficile comprendere le parole di chi, quando l'ha scritta, magari era in un momento di estasi o di contentezza totale. Le tue poesie, Giuseppe, sono comunque un concentrato di profondità diverse e ci si deve fermare ad ascoltare il tuo pensiero, più di una volta e, una volta ascoltato si comprende che non sono banalità le tue parole. Mi fermo spesso e mi fermo volentieri. Un caro saluto.
    agi

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  2. io credo che per interpretare una poesia sia questione del momento che si vive. Potrei dire, di me, che la possibilità di essere diventato scemo è tangibile. Eppure non è così. Se leggo una poesia in un determinato momento, quando non sto bene o quando sono in uno stato di apprensione per altre cose, allora mi riesce difficile comprendere le parole di chi, quando l'ha scritta, magari era in un momento di estasi o di contentezza totale. Le tue poesie, Giuseppe, sono comunque un concentrato di profondità diverse e ci si deve fermare ad ascoltare il tuo pensiero, più di una volta e, una volta ascoltato si comprende che non sono banalità le tue parole. Mi fermo spesso e mi fermo volentieri. Un caro saluto.
    agi

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