martedì 25 febbraio 2020

Ci vogliono dieci milioni di braccia





Ci vogliono dieci milioni di braccia
per cingere l’amore
e non lasciarlo fuggir via.
Mille milioni di parole
perché da malato resista,
e tutta la pioggia del mondo
per dissetarlo, e sopravviva.
Ci vuole la dolcezza del miele
quando l’amore è perduto
e s’ubriaca di lacrime
e s’annega di birra.
Ci vuole un cielo di brezza
per l’amore riavuto,
per l'anima sottile
che piroetta alla vita.
È così, piano piano,
che ogni spigolo arrotonda

ed il giro ricomincia.






lunedì 24 febbraio 2020

Sull'interpretazione dell'arte o viceversa



“Leggo una poesia e sento d’averla capita. La rileggo e capisco che non è così. Di solito alla terza lettura, capisco di non aver capito. E valuto la possibilità di essere scemo.”

Forse per consolazione, forse per difesa, la mente mi guida a suggerimenti nietzschiani. “Non ci sono fatti, solo interpretazioni”.
Nell'Ermeneutica contemporanea le riflessioni a proposito sono profonde, affascinanti quanto varie, e trovano spunti ideali nell'esegesi teologica, nella psicologia e, non di meno, nella fisica quantistica e concretamente, ancor più in là, nella giurisprudenza.

E che questo sia un terreno fertile su cui far crescere l’Arte Attuale, visiva e non, appare evidente anche ai profani.

Il dibattito critico “autorevole” a riguardo, sostenuto da eminenti personalità della cultura artistica, giunge a livelli di luminosa genialità interpretativa, ma, purtroppo, toccando spesso ambiti economico-politici sospetti, aggiunge alla già aleatoria veridicità degli interventi, il dubbio della loro insincerità.

Seppur tu possa spiegare con acume un’opera, se poi la vendi, ai miei occhi puoi apparire un procacciatore d’affari. Se celebri un artista affermato per partito politico, peggio ancora: servitore di due padroni.

Come che sia, volando rasoterra perché qui interessa, trovo curiose le discordi interpretazioni della stessa opera d’arte al variare dei commentatori e al variare del tempo. La mia attenzione, soprattutto di natura psicologica e sociale, trova occasione utile nelle arti visive e nella poesia lirica d’oggi.
Avendo l’opportunità di seguire vari commenti a proposito, in libere manifestazioni, incontri alla pari, convegni e siti web dedicati, resto ulteriormente sorpreso di come la frettolosità di pensiero, l’urgenza del dire, cifra del nostro tempo, influenzi la capacità interpretativa. E come questa, al presente, rischi semplicemente di far parlare d’altro. I fatti sembrano diventati le reiterate narrazioni su fatti presi a pretesto (le opere d’arte) e le interpretazioni (come questa mia) i nuovi fatti per successive narrazioni. Il ciclo che chiude, innesca un moto perpetuo. Del chiacchiericcio pettegolo. Più che dall'ignoranza dell’ermeneuta, il limite sembra correlato alla poca consapevolezza dell’impazienza espressiva, soprattutto se accompagnata da esigenze di protagonismo narcisistico. Nel mondo dei social, chi ascolta se tutti parlano? A tali condizioni, pur nella massima liceità, la Critica d’Arte attuale appare una cacofonia corale in un paese di sordi.

Qualcuno suggerisce allora che l’Arte vada solo avvicinata. Non capita, sentita. Di pancia. Con buona “Ragione”?

martedì 18 febbraio 2020

Un piccolo fiore




Ad ogni primavera mi ritrovo a commuovermi. 
Per un piccolo fiorellino purpureo che compare quando l’aria è ancora fredda e che non m’aspetto d’incontrare. Se ne sta lì, in un appartato angolo di mondo, insignificante per grandezza e profumo, e d’improvviso mi riempie gli occhi, di sé e di lacrime, mentre io continuo, più e più volte, a chiedermi come sia possibile tanta bellezza. E dove prima albergasse e perché.

Al primo caldo, il fiore è ancora lì e la bellezza no. Rivedo la stessa corolla, la ricordo uguale, ma la bellezza no. Cos'è stato a rendere opaca la luce ed indifferente tanta grazia?

Può essere che la Bellezza non appartenga alle cose, vive od inanimate che siano, e risulti piuttosto legata allo sguardo dell’Io, alla sua intenzione, al suo gioco di relazioni e connessioni emotive. Al significato loro attribuibile.
Ma al primo caldo il fiore è lo stesso, l’Io (quasi) il medesimo e la Bellezza no.
Pur guardandolo, riguardandolo con intenzione, volontà ed attenzione, il fiore comunque, prima o poi, viene a noia. E l’incanto è rotto.
“Il segreto della Bellezza allora – mi dico - probabilmente abita il flusso del cambiamento, cavalca il moto continuo degli eventi e quel conseguente turbamento interpretativo rispetto allo stato nuovo che ha per nome sorpresa e poi stupore e meraviglia”.
Bisognerà aspettare la novità di un coloratissimo fiore estivo perché la Bellezza, con il suo inevitabile sbalordimento, possa ritornare ad entusiasmare l’anima. Oppure basterà il tempo a logorare il ricordo e a portare a consumo la noia accumulata. O nuova la cosa o poca la memoria.

Ad ogni primavera mi ritrovo a commuovermi. 
E dopo essere stato dimenticato, il fiorellino purpureo ridiventa meraviglioso.

Va da sé che i fioristi vendono cloni d’incroci nuovi. Esotici, strani e belli.


venerdì 14 febbraio 2020

L'Arte intrigante




A trovartelo di fronte, l’improvviso spavento ti ghiaccerebbe. 
“Ma il Minotauro è uno scherzo della mente, un relitto psichico. Il Minotauro non è mai esistito.”
In verità esiste ancora: nel proprio nome, nella sua storia letteraria, nelle opere relative al suo mito e in tutte le considerazioni psicologiche inerenti al suo significato archetipico. Per la psicologia analitica il Minotauro è un simbolo. Unione d’inconscio e conscio. In esso una parte pulsionale, emotiva ed inconsapevole dell’animo umano ha trovato forma, manifestazione e sistemazione.
Possiamo parlare del Minotauro perché qualcuno, anticamente, lo ha descritto, disegnato e collocato in luoghi e tempo. Questo qualcuno ora potremmo chiamarlo Surrealista, Favolista, Sceneggiatore od altro. Certo è che l’Immaginazione umana, da subito, ha dovuto incarnarsi in artisti pittori, scrittori e scultori per tradursi in materia concreta, in opera ed in Storia.
C’è un’Arte perciò che funge da cerniera tra l’enigma oscuro dell’animo e l’epifania della luce cosciente, una capacità rappresentativa di quel che è solo preavvertito, l’abilità di dare voce all'afasia. Un’arte che non insegue la realtà, che non intende essere mimesi della stessa, ma atto generativo e fondamento culturale umano. Una ricerca continua di senso, una sfida all'ignoto e una costante tensione al superamento. Turbolenta e laboriosa. Un’Arte intrigante.

giovedì 13 febbraio 2020

La gioia




La gioia che non conosci
quando mi strappo il cuore,
sta nel cucirlo col tuo nome,
con la seta delle tue parole
che io chiamo consolazione.
La gioia che non conosci
sta a trovarti nell'altrove
immaginario di ogni stanza,
con la presenza di un sorriso
che io chiamo speranza.
L’amore esiste, resiste
e la gioia è la sua danza:
se la cerchi veramente
vive in te, pronta,
luce in tasca.

mercoledì 12 febbraio 2020

L'arte della consolazione


Se qualcuno prova a dirti che la vita è dolorosa, è facile che tu possa iscrivere tale parere all'albo delle banalità e trovare più interessante, semmai, i possibili rimedi. 
E l'Arte può rappresentare uno di questi?

Puoi ritenere vero che la bellezza contribuisca a salvare il mondo?

Può essere vero che la celebrazione artistica del Bello, amplificando le meraviglie e tutti gli aspetti positivi dell'esistenza, sappia anche compensare il peso dei negativi.

Per te il mondo è, invece e soltanto, il palcoscenico della tragedia e della tribolazione?

Può essere allora che la rappresentazione del disagio e la sua testimonianza artistica, depositata concretamente nell'opera, sappia concorrere a nutrire un sentimento di compassione verso il destino altrui e trovare, nella condivisione del medesimo fardello, la possibilità di alleggerirne il carico.

Io credo che le due ipotesi non si escludano e coincidano in quella che chiamo Arte della consolazione.

giovedì 6 febbraio 2020

Sulla poesia lirica



Sembra che in Italia - almeno così emerge dalle ultime valutazioni in ambito OCSE - comprendere uno scritto rappresenti un’impresa difficile. Questo può spiegare il perché la lettura non riesca ad evolvere ad abitudine nazionale, ma produce il paradosso di come ciò possa coesistere con le migliaia di edizioni che annualmente vengono alla luce.
In questo contesto la Poesia, genere letterario, risulta essere pressoché scomparsa: prima dagli scaffali delle librerie - che offrono oramai soltanto qualche intramontabile classico – poi dai comodini delle case ed infine e soprattutto, dalle esigenze culturali dei più, giovani o vecchi che siano.
Malgrado la Scuola continui ad inserire nei suoi programmi la Poesia come elemento di utilità storica e formativa, alla conclusione degli studi la lettura dei versi vien meno, velocemente decade e soltanto qualche anelito nostalgico la riporta episodicamente ad una fugace ripresa. Più spesso in realtà l’abbandono è definitivo e senza rimorso: un atto condiviso e considerato naturale.
Se l’analisi relativa ai lettori di testi poetici per ciò appare facile e scontata, le considerazioni in merito agli scrittori di versi risultano meno ovvie e più articolate. E questo perché tali scrittori esistono, sono numerosi ed abitano soprattutto l’ambito della poesia lirica. Adolescenti irrequieti, adulti in crisi ed anziani in pensione si cimentano scrivendo in segreto poesie improvvisate: più un luogo dello spirito che un’arte, uno sfogo consolatorio o, meglio, uno strumento di espressione di parti di Sé poco esplorate. La prova della solida consistenza numerica di questa schiera di aspiranti artisti è evidenziata dall'industria editoriale che, non potendo più rivolgere la propria offerta ad un pubblico di lettori, tenta le ambizioni degli esordienti scrittori con reiterate pubblicità e edizioni delle opere degli stessi – con i costi ovviamente a carico dei poeti - sostenendo così il business della vanagloria, amplificando la deriva culturale e riempendo i magazzini di libri invenduti.
Eppure, l’attuale frequentazione della poesia lirica induce a porre attenzione curiosa al fenomeno.
La scrittura in versi sembra essere funzionale ad avvicinare efficacemente la dimensione profonda e sentimentale dell’animo contemporaneo. La possibilità di usare una parola capace di smarginare dal consueto codice comunicativo, l’uso di figure metaforiche e del loro senso plurale, il rimando ad un segreto quanto affascinante significato ermetico dei contenuti, donano alla poesia lirica potenza espressiva, il permesso di inseguire l’indicibile e la forza di valicare l’ordinario confine simbolico, proprietà che ad altri generi letterari sono precluse. E se la letteratura nel passato, assieme alla religione e alla filosofia, ha contribuito enormemente alla formazione, all'indirizzo emotivo e alla crescita personale degli individui, oggi la riscoperta di un consapevole linguaggio poetico può facilitare, proseguire e migliorare la qualità di quel percorso. Anche la nascita della psicologia moderna non ha esautorato dal suo ruolo la poesia lirica, anzi ha trovato in essa una sinergia ed una condivisione proficua. Si potrebbe sottolineare addirittura, viceversa, quanto abbia contribuito all'arte poetica la coscienza psicologica della dimensione emotiva.
All'indubbia capacità comunicativa della poesia lirica e al suo stato riconosciuto di valore sociale, si affiancano, ora e sempre più, nuovi apporti tecnologici, in grado di competere per seduzione ed efficacia espressiva. Ad esempio, la facile riproducibilità e fruizione della musica, coniugata al testo e all'immagine, ha permesso una vasta produzione di video che sembrano ben rispondere alle esigenze sentimentali dei giovani. Il vantaggio è indubbio: suono, parola, immagine si integrano a vicenda e coinvolgono rapidamente il fruitore, offrendogli la ricompensa emotiva che andava cercando. Ma questo ne rappresenta anche il limite: spesso una musica mediocre, dei versi banali sostenuti da effetti speciali, possono diventare rapidamente popolari e poi altrettanto velocemente annichilirsi. Può essere che alcune canzoni possiedano validità testuale, ma una volta separate le parole dalla musica e tutto dall'immagine, spesso il limite palesa: i versi restano in superficie, soffrono d’eccessiva servitù alla melodia, rischiano di insistere troppo sugli stessi contenuti. Anche nei social, aforismi, motti e poesiole contribuiscono all'inflazione espressiva, rendendo talvolta indistinguibile la produzione artistica dalla pubblicità, l’atto creativo dal copia-incolla, il falso dall'originale.
La poesia lirica, anche quando è modesta, proprio perché oramai lontana da ambizioni economiche e da esigenze di popolarità immediata, ha invece conservato molto spesso l’impegno e il rispetto per la parola. Una serietà condivisa con la solitudine. Questo la rende forse elitaria, difficile e poco immediata, ma evidenzia il desiderio e la richiesta di uno strumento idoneo ad esprimere la complessità, la profondità e la particolarità dell’animo umano. Sottraendola dalle facili tentazioni del consumismo culturale, proteggendola nella sua specificità e sostenendo i suoi naturali spazi vitali, l’esperienza poetica potrà ancora regalare al mondo la sua verità nascosta e la sua straordinaria molteplicità. 

                                                                                                                                                               
La scuola, il sistema bibliotecario e le istituzioni possono svolgere a riguardo un ruolo fondamentale di sostegno ed indirizzo. All'associazionismo culturale, attraverso l’incontro, il confronto, il dibattito aperto tra e con gli autori, resta il compito di delineare l’ambito dove l’esangue brace della parola possa ritrovare lo stupore d’essere fiamma, bagliore della bellezza, meraviglia della Poesia. In questa fucina oramai non si forgiano grandi artisti, si formano per lo più e pian piano persone migliori. Un’umanità in cerca di se stessa ed un’arte preziosa.



martedì 4 febbraio 2020

Con le ali di passero




L’uomo con le ali di passero
più che volare precipita.
Tiene voce garbata,
modo gentile
e come un angelo di terra
porta in sé
la gioia di vivere.
Quando perde una piuma,
nevica sole.

Rimirando




Rimirando;acrilico su tavola; cm 60x60; 2008

Il luogo dei poeti

Il luogo dei poeti; acrilico su tavola; cm 50x30; 2012

domenica 2 febbraio 2020

Il pensiero debole




Nel mio credo vivono molte verità:
la mia, la tua, quell'altra e l’altra ancora.
Ed anche questa, nata or ora,
e quella che di fretta fra poco sarà.
Le tante abitanti in tale dimora

son ciò che io chiamo relatività.



sabato 1 febbraio 2020

Fuori dal coro



Lamentarsi non serve. Non serve e non basta. 

                              
Eppure, mentirei se dicessi che l’isolamento fa bene. Nel mondo dell’Arte visiva attuale essere fuori dal coro non equivale a sentirsi eroi romantici: è soprattutto motivo di frustrazione, di insignificanza sociale e di povertà materiale.                                                                                Anche se qualcuno ricorda come l’insuccesso sia il destino dei più e loda la nostra società come la migliore possibile, io continuo a ripetermi che allo stato qualcosa non torna e che le recenti trasformazioni culturali comportano probabili progressi quante probabili involuzioni.

Sembra, ad esempio, che le immagini abbiano lasciato prima le gallerie e poi i cataloghi d’arte cartacei per andare ad affollare prima le TV ed ora i templi dei social e di tutti i mezzi di comunicazione digitale. E tutto sensatamente. Massima divulgazione, promozione a basso costo, vasta visibilità in tempi rapidissimi. All’artista – o chi per lui - la poca fatica di far inserire nel circuito le foto delle opere. Egli confida che le stesse possano essere ben viste, ben valutate e addirittura comprate. Ma, ovviamente, la facilità con cui l’operazione avviene e la moltitudine di accessi con minimo filtro, producono Art magazines straripanti di immagini, spesso incoerenti e confuse.

Il fruitore di queste, a rischio compulsivo, di solito dedica loro un attimo per guardarle, lasciarsi sedurre oppure passare oltre. In entrambi i casi, un’opera d’interpretazione complessa rischia di non essere considerata, ragion per cui in Internet emerge l’artista che insiste sulla percezione pura, che ostinatamente provoca lo spettatore o lo fa sorridere. Ultimamente, sempre usando le possibilità della Rete, si è posto valore anche al meme che trasforma il consenso del pubblico in arte-concetto. Così una Catena di Sant’Antonio può trasformarsi facilmente in una reliquia artistica. Ma già da tempo si conosce come uno scolabottiglie, se proposto in uno spazio autorevole, possa trasformarsi in opera d’arte. Così come si sanno già esistere una merda d’artista ed un funerale ad un vivente. Ora forse sarebbe più utile considerare cosa comporti la conseguente applicazione della proprietà commutativa, e cioè come un’opera di qualità preziosamente elaborata, immessa nel circuito dei nuovi media, così inflazionato e disaggregato, possa apparire un oggetto insignificante, addirittura non percepito. 

 Il destino ci ha avviato dunque ad una frettolosa ed anestetizzata stupidità? 

Qualcuno sottolinea che la società è questa e che l’Arte subirà la trasformazione che la selezione culturale, per moto darwiniano, attiverà. Qualcuno ribatte, a tal punto, che lo stesso processo ha portato all’estinzione dei dinosauri e potrà eliminare, per altrettanta necessità, anche l’arte dalle attività umane. Se, a posteriori, il giudizio storico provvede ad attribuire un’opportuna definizione ad ogni momento artistico, al presente l’unica prudente connotazione dell’arte sembra essere: “una reiterata, eccitata transizione…” 

Dolersi dunque non basta.

 Ma bisognerà capire – capire bene - la trasformazione o soltanto ciecamente accelerare?

 Chi si sente fuori dal coro, per condizione, tenterà di comprendere la direzione da imboccare, cercherà il dibattito, il confronto artistico e la varietà delle idee. Ma dove? 

 Nelle scuole? In galleria? Nelle fiere?
                                                                   
Anche questi contributi alla riflessione, per essere divulgati dovranno passare nel circuito della Rete o non avranno possibilità di esistere. La probabilità che qualcuno li legga con attenzione è direttamente proporzionale alla popolarità di chi li scrive e la popolarità necessità di stare nel coro del consenso.
Il cerchio si chiude e chi è o vuol stare fuori, ahimè, abita già in un angusto scantinato di lamentele.


Le case dei poeti



Le case dei poeti; acrilico su tavola; cm 60x60; 2012

Il coraggio del filosofo



Da bambino
mi lamentavo, ridevo, gioivo
e tutto quel che non capivo,
negli occhi di mia madre
trovava senso,
nel broncio di mio padre,
valore, se ciò era proibito.

Così ora, sorella nebbia,
così ora, fratello vuoto,
che l’ignoto resta ignoto,
una voglia impudente
mi spinge a chiamarvi Dio
e a ritrovare oggi
quello che era allora.
Quando Tutto
diventa Genitore,
ci vuole forza
per staccarsi dal nido,
ci vuole audacia
per cercare altrove.

E
se per avvicinarvi dovrò conoscervi
troverò per questo il modo,
rovisterò il cuore e l’animo
sino a che incontrerò il mio.
Se il timore è una domanda,

il coraggio è del filosofo.