martedì 26 maggio 2020

Nella provocazione




Da quel che si vede, sembra sia piuttosto facile litigare in TV con qualche popolare personaggio, noto per la propensione all'ira e per il giudizio tagliente. Ben più difficile sembra essere la possibilità di trarre da un confronto proficuo e pacato, un apprezzamento gratuito o, addirittura, una qualche forma di gentilezza. Il mondo, si sa, è vario ed anche quello televisivo non fa eccezioni. Nella nicchia ecologica delle emozioni, la rabbia e la collera sono ben rappresentate da queste creature mediatiche specializzate nella lotta verbale, le cui lingue e carotidi ingrossate permettono dibattiti feroci e continuati. Se la cosa sia lecita – e per me lo è – ha poca importanza, perché ben più interessante qui, è capire se questa manifesta testimonianza del cervello paleo-mammaliano può assurgere ad espressione artistica. Come Duchamp prima, e recentemente Comedian, la banana con lo scotch di Cattelan, hanno dimostrato, qualsiasi evento inconsueto si depositi nella memoria collettiva può trovare connotazione artistica. Perché questo consolidi deve prima apparire, poi essere discusso, riapparire, riessere discusso… Visto che la provocazione in TV, intesa come fuoriuscita da un Canone comportamentale ordinario (ad esempio: la volgarità e l’aggressività esibite) è un ottimo strumento per lasciar segno, traccia perturbativa, ricordo emotivo e considerato che, una volta condivisa, moltiplicata dal mezzo televisivo o multimediale, propagandata per scopi diversi, la stessa eco emotiva diventa testimonianza del proprio tempo, rappresentazione e costume sociale, perché questa infinita, reiterata conflittualità mediatica – tradotta in talk show, video, tweet, immagini - non può essere considerata Arte?
Perché non può essere Arte?
Lo può. Alla condizione – direbbe qualcuno - che almeno “l’artista“ ne abbia consapevolezza critica e ne abbia intenzione. È probabile che qualche opinionista abbia ormai preso tal abito, sia entrato nel ruolo prescritto. Ogni evento può trasformarsi in meme e come tale connotarsi, diventare opera-zione artistica. Sempre che la stessa sia poi riconosciuta, accettata e soprattutto diffusa. E che lo possa essere anche la propria parodia.
 Eppure - e questo sembra ancor più importante - come in una nicchia ecologica da poco esplorata, ogni introduzione di una specie aliena gode di un periodo d’espansione e poi di rapido declino al deteriorarsi dell’ecosistema, così “quest’arte nuova” rispetto alla sua concezione classica può collassare in tempo breve al degradarsi del sistema. Ed oggi, visto che tutto concorre alla moltiplicazione del concetto di arte può accadere che lo stesso, inflazionato, possa non esistere più.
Perciò, veementi critici d’arte, ciarlieri showmen, influencers, pubblicitari in veste Street Art: attenti alla velocità della provocazione! Che non resti confinata alla mediocrità di un Io vanesio! O peggio, al nulla!
E se anche le Cassandre possono essere attraenti, in verità io spero non lo siano più.

1 commento:

  1. Ciao Giuseppe. Sì, è facile litigare in tv, anche perché, più di una volta nei fuori onda è stato appurato che le commedie in atto erano preparate. Condivido che può essere, alla fine, definita arte ma quello che non approvo, dell'arte, è la volgarità gratuita... non deve prendere corpo una forma di colloquio dai risvolti violenti e sporchi... questo porterebbe l'esistenza a scegliere una strada non consona ai sani princìpi, quelli dei nostri padri, quando ci insegnavano il rispetto e sopra a tutto, il ragionamento. Chiaramente il senso di questo tuo post sta nel titolo e la provocazione, quando avviene in chi partecipa fuori dallo schermo, sta tutta nel cambiare canale o addirittura spegnere l'apparecchio... personamente, in nessun modo, voglio essere parte di tale arte.
    Grande come sempre, Giuseppe. Un abbraccio.
    agi

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