E questo – come
pure l’abbondante presenza di specchi - rende comodo l’incontro e facile la coscienza
dell’uguale appartenenza. Essere idioti non è un dono divino e nemmeno una
sciagura: è uno stato dell’essere, una tappa esistenziale, un livello personale.
Una sosta. Essere idioti psicologicamente è economico. Ritenere le proprie
convinzioni le uniche verità, impedisce di immaginarne altre. E di vedere la
necessità di un oltre. L’idiota resta, medesimo a sé, senza sforzo, appagato
dall'autosufficienza e sicuro del suo traguardo.
D’altra parte, riuscire a
comprendere il mondo attuale, la sua complessità e gli intrecci relazionali che
lo animano, non sembra realtà probabile. Saper coniugare, in una visione
coerente, prospettive emotive e razionali, personali e collettive, umane ed
ambientali, riconoscendo loro un contesto storico-geografico proprio, tutelando,
allo stesso tempo, criticamente, il diritto al ripensamento, appare un’impresa eroica,
rara se non impossibile. In fondo, si è idioti per condizione e sembra sensato
accettarlo. Tuttavia, se fossero, due questioni intriganti rimarrebbero al
chiarimento.
Per chi è curioso, s’intende: “Quanto si è idioti? E quanto titolo c’è ad attestarlo?” …
Per chi è curioso, s’intende: “Quanto si è idioti? E quanto titolo c’è ad attestarlo?” …
Che dire... il tuo discorso è incisivo... scava nel pensiero, tanto è vero che per un attimo mi sono detto che qualche volta, idiota lo sono stato anch'io. Per qualche mezzora, nella vita, ho creduto di essere autosufficiente e sicuro del mio traguardo. Ma è vero quello che dici, quando dici che è uno stato dell'essere. Si deve accettare. Complimenti come sempre, bravo.
RispondiEliminaagi