Quando la primavera teneva colori d’arlecchino,
suoni di campane e melodie di cardellino,
portavo gli occhi sgranati, stupidi e stupiti,
sulle rive dei fossi,
al confine dei prati, sui rami d’albicocco.
Ora, invece,
indosso occhiali firmati e denti nuovi:
ora che il sole d’aprile
romba grigio nel mio sguardo
e il cemento fiorisce.
Da vecchi si fa così: si trema
sul confine del mondo,
fingendo di averlo.
Nessuno sapendo
cosa sia, e cosa sia stata,
una primavera.
.
Ciao Giuseppe. Nel mio piccolo mi sbilancio a dirti tutta l'ammirazione per l'animo poetico espresso in questa bellissima poesia. Ti sei superato, soprattutto sulle prime cinque righe. Esse mi hanno dato gioia e poca paura di far tornare quel vecchio pensiero nato felicemente sulle rive dei fossi, in primavera. Come ti leggevo, rivivevo l'emozione... Dubito che i giovani d'oggi, non per loro colpa, ovviamente, possano comprendere, non avendo più a disposizione la stessa materia prima. Un abbraccio e un sorriso. Riguardati, ciao.
RispondiEliminaagi