Quando i tendini tirano
e tirano il cuore,
e il cuore sei tu
e le tue parole:
il cielo s’increspa,
il mare si crepa,
e tutto si tende,
spasima, pena,
la voce stridula
s’accartoccia impotente,
e grida, grida.
Ti perdo.
Quando i tendini tirano
e tirano il cuore,
e il cuore sei tu
e le tue parole:
il cielo s’increspa,
il mare si crepa,
e tutto si tende,
spasima, pena,
la voce stridula
s’accartoccia impotente,
e grida, grida.
Ti perdo.
Il segreto della strada
non sta nelle curve,
nelle improvvise salite,
nelle facili discese.
Sta sui pedali della bici
e, ancor di più, sui piedi
e le gambe senza limiti,
nei vestiti sudati
e nei paesaggi infiniti.
Prima d’accorgerti
che è un vicolo cieco.
Dopo saputo
che è un vicolo cieco.
“Le parole dei poeti
non servono - mi dici-
come i peli sulla schiena
e la tristezza dei comici”.
“Non servono – continui –
come i tramonti estivi
e il chiaro di luna”.
Forse, le parole dei poeti
straniscono i potenti,
ragionieri contabili,
conti correnti.
E chi non sa
che servono
a non essere servi.
Qualcuno si ricorda d’esser vivo
contando le piaghe,
qualcuno le cicatrici,
altro ancora aspettando
il male che verrà.
E non si sa se vive da morto
o è morto da vivo.
Quando la sorte non t’aiuta,
impari a gioire di nulla:
un fiore che d’oro si muta,
il cielo che diviene una culla.
Altresì la tristezza
t’accompagna sorella,
a scoprire tua stella
l’Arte della vita.
Giungeva a cavallo,
una volta, il Vate
a dirci come, a dirci dove,
giungeva trionfante
la sua parola per sempre.
Ma ora, invece,
che è difficile credere,
non resta che un comico
a pregarci di ridere.
Anche in cima alla cima,
toccando il cielo e la luce,
giocando a carte con gli angeli,
sentirai d’aver fame.
Anche nel fondo del fondo,
toccando l’oceano e l’abisso,
facendoti branchia di pesce,
sentirai d’aver sete.
Il bisogno t’incontra e t’aiuta,
abita in ogni luogo,
anche la mente di chi lo rifiuta.
Sotto la scorza
qualcosa si torce, si muove,
si apre al respiro,
vibra e grida di un mondo nuovo.
Ma io ancor dubito,
mi guardo alle spalle,
mi giro insicuro.
La primavera è un miracolo
che sorge dal buio.
E il fiore azzurro
che guarda nascosto,
impaurito son io:
stupito, precario
e grato d’essere vivo.
Com’è difficile, di mare in mare,
di scoglio in scoglio, cercare il senso,
discernere gli inganni
e sopravvivere ai dubbi,
sorridere a risposte già date,
amando il semplice
e tollerando l’idiota!
Com’è difficile evitare il naufragio
e proseguire cercando.
Ora che l’isola è deserta!
Sorge il sole in bilico sull’orizzonte.
Sembra nascere di parto podalico
tra le nubi plumbee della notte:
un raggio, poi due e tutto
per rifarsi all’antico testamento
del giorno
in cui nacquero la gioia e il dolore.
Ancora non so se lo temo.
La luce, talvolta,
fa più ombre del buio.