Qualcuno guarda nel monitor
il tutto, tanto, troppo,
alluvione per chi
è solo uno, senza argini,
se non se stesso.
E galleggia o annega,
incerto se morire.
Negli altri o in proprio.
Qualcuno guarda nel monitor
il tutto, tanto, troppo,
alluvione per chi
è solo uno, senza argini,
se non se stesso.
E galleggia o annega,
incerto se morire.
Negli altri o in proprio.
Le parole della perfezione
le ha mangiate il cane
che ora non sa se parlare
o vomitarle intatte.
Le cose entrambe
sono cose strambe.
E non interessano ai più.
Ora che il mondo è urlato,
la gentilezza gridata,
la morte colorata
e l’anima è fatta fluo,
non so che fare dello strepito
se non lasciarlo a un monitor
e piangere, piangere, piangere
la dolcezza del silenzio.
In fondo, le fiere dell’Arte
somigliano a mareggiate invernali:
fan trovare conchiglie spiaggiate,
messaggi in bottiglia,
meraviglie seccate,
senza parlare mai
della verità del mare.
A me verrebbe da dire
che non c’è più niente da dire,
che è stato detto tutto,
più di una volta, mille,
che tira e ritira
ogni parola sfilaccia,
ogni idea già sentita
diventa indifferente.
Ma, forse, trovare chi ascolta
è ancora più urgente.